Purtroppo non sarà in questa occasione che smentiremo una certa immagine nazionale di scarsa affidabilità. E a farlo non sarà questo governo, della cui sopravvivenza dubiano ormai anche gli stessi protagonisti. Italiani e osservatori stranieri sono stupiti e rassegnati da annunci, ripensamenti, correzioni. L’ultima in ordine di tempo è la presentazione di una correzione alla manovra nella cui rela- zione tecnica si indicano, a copertura dell’eliminazione del contributo di solidarietà, entrate per quasi 3 miliardi di euro basate su stime arbitrarie degli effetti sperati di alcune delle misure di contrasto all’evasione, in violazione ad ogni raccomandazione e regola contabile.

Se l’illusione è di convincere i nostri partner europei e gli investitori con qualche trucchetto e un po’ di creatività, temiamo che l’effetto sia un’ulteriore perdita di reputazione per il Paese. La scarsa credibilità ha un costo. Per capirlo non è necessario credere all’esistenza di un nesso diretto tra ogni singolo annuncio o atto del governo e andamento dei mercati finanziari, né significa accettare come ineluttabile la strategia di austerità messa in campo dai governi europei. Siamo ben consapevoli che le impennate dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi, che ha un peso diretto sulle nostre finanze e sull’intero sistema del credito, hanno ragioni più profonde e strutturali, che riguardano le prospettive di crescita. Per dirla con le parole del neo direttore del Fondo Monetario, Christine Lagarde: ai mercati non piace un alto debito pubblico, ma piace ancor meno una crescita bassa o negativa. Proprio per questo continua a non convincere una strategia basata sull’attenzione esclusiva ai saldi di bilancio pubblico e sull’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro.

Su queste pagine è stato già sottolineato il potenziale contrasto tra una politica fiscale fortemente restrittiva e la possibilità di realizzare le riforme e gli interventi necessari a riportarci su un sentiero di crescita. Tuttavia, al punto in cui siamo arrivati, la priorità deve essere quella di recuperare credibilità, anche mostrando serietà e determinazione rispetto agli impegni presi. Va semmai chiarita la prospettiva entro cui tale impegno viene assunto, e vanno definiti con chiarezza alcuni obiettivi. Da questo punto di vista, il punto di partenza non può che essere lo stato di difficoltà dell’intera costruzione europea, a partire dall’area Euro. La crisi dei paesi più deboli è anche il riflesso di insufficienze nel disegno istituzionale dell’Unione europea e della moneta unica, a cominciare dalle limitazioni a suo tempo imposte al modus operandi della Banca centrale, frutto dell’ossessione per la sola dimensione della stabilità monetaria.

Per continuare con l’illusione che l’unica fonte di squilibrio potesse essere rappresentata dai bilanci pubblici, mentre la crisi è scoppiata nel settore privato; una convinzione che continua a condizionare le scelte dei governi europei e mette in secondo piano i ben più preoccupanti squilibri di competitività e di crescita. Per uscire dalle secche è necessaria una ripresa di iniziativa, che tocchi sia le istituzioni che le politiche europee. E se è inevitabile che tali mutamenti portino con sé regole più vincolanti e impegni esigibili tra singoli stati quanto a scelte di bilancio, devono al contempo essere messi in campo nuovi strumenti di politica economica (tra essi gli Eurobonds), che consentano la realizzazione di investimenti finalizzati alla crescita.

Per questo sarà forse necessario attendere un mutamento nell’orientamento politico dei governi dei maggiori paesi, a cominciare da Francia e Germania. Ma se da un lato è corretto denunciare la scarsa lungimiranza delle attuali élites europee, dall’altro spetta a noi presentarci all’appuntamento avendo dissipato, presso le opinioni pubbliche dei paesi “forti”, il sospetto di voler scaricare su di loro la nostra irresponsabilità. Come dicevamo: credibilità. E qui la palla torna alla politica, ad un governo autorevole e a partiti che si presentino agli elettori avendo chiaro in nome di quale obiettivo stanno chiedendo sacrifici di questa misura.