Ormai il canovaccio si ripete puntuale: il vertice, l’annuncio di misure risolutive, l’iniziale euforia cui segue la delusione per l’andamento delle borse, il nuovo allarme. Purtroppo, ciò che diventa sempre più breve è il tempo necessario ai mercati per metabolizzare vertici e annunci. L’andamento preoccupante del corso dei titoli di Stato italiani segnala gli effetti di una doppia insufficienza: quella del governo Berlusconi, incapace anche solo di immaginare una strada per ricondurre il Paese su un sentiero di crescita, e quella di un’Unione che esita a proporre risposte all’altezza della sfida.

Il problema più urgente è quello di scongiurare il rischio di contagio, ovvero la possibilità che il parziale ripudio del debito greco porti ad un’ulteriore caduta della fiducia degli investitori e una fuga dal debito pubblico dei Paesi in questo momento più esposti, Italia e Spagna. Da questo punto di vista, il giudizio della gran parte degli osservatori è che il vertice europeo abbia messo in campo ancora una volta risposte parziali. Se da un lato Francia e Germania hanno raggiunto un accordo sull’entità del “taglio” da effettuare sui titoli greci, poco convincente resta la soluzione adottata per il Fondo salva-stati, che era poi la questione più spinosa. Come è noto, questo fondo dovrebbe servire a modificare le aspettative degli investitori rispetto al rischio di default dei debiti sovrani, garantendo ai Paesi in difficoltà l’accesso ai mercati finanziari a condizioni sostenibili. Si tratta di uscire dal circolo vizioso per cui l’aspettativa di default determina un aumento dei tassi di interesse, che a sua volta alimenta tale aspettativa. Il problema è che le risorse messe in campo non sono giudicate sufficienti allo scopo e la modalità scelta per aumentare la capacità di intervento del Fondo salva-stati oltre la cifra stanziata non convince. Del resto, come attendersi un esito diverso da una soluzione che nasce condizionata della preoccupazione di limitare l’ammontare della garanzia? Ben altra efficacia avrebbe il ricorso alla garanzia diretta o indiretta della Banca centrale, che ha capacità di azione, e quindi di deterrenza, virtualmente illimitata. Ma sappiamo che rispetto a tale soluzione, che pure vedrebbe la Francia favorevole, c’è la netta opposizione tedesca. Gli interventi effettuati nell’emergenza di agosto, così ha ribadito il neo-presidente Mario Draghi, sono da considerare temporanei.

Vale la pena di soffermarsi sulla principale ragione dell’opposizione al coinvolgimento della Bce, e in generale all’adozione di misure realmente risolutive: si tratta del timore che un allentamento della pressione dei mercati possa portare a un abbandono di ogni intento di riforma. L’idea insomma che solo un vincolo esterno stringente, la minaccia continua di una crisi dei mercati, rappresenti uno stimolo adeguato per indurre aggiustamenti duraturi. È un argomento discutibile. Peraltro, portata alle sue conseguenze, è una logica che finisce per negare una delle principali ragioni della nostra adesione all’euro, cioè l’eliminazione della pressione esterna dei mercati valutari.

Purtroppo, il nostro Paese non ha argomenti validi per opporsi a questa logica finché è rappresentata da un governo poco credibile e non all’altezza della situazione. La lettera del governo è stata poco più che un gioco delle parti. I leader dei Paesi partner hanno fatto buon viso ad un insieme di proposte che poco aggiungono alle promesse e gli impegni degli scorsi mesi, e la cui credibilità è quasi nulla. Berlusconi ha utilizzato l’occasione per perseguire la strategia in cui si è sempre trovato più a suo agio nei momenti difficili, quella della contrapposizione ideologica, seguendo la linea del ministro Sacconi sul mercato del lavoro. Se avesse voluto realmente rassicurare l’Europa, avrebbe dovuto scegliere la via opposta, quella dell’avvio del dialogo sociale e della concertazione, che sola avrebbe consentito impegni credibili e di lungo termine.

E così, siamo ancora al palo. Gli italiani attendono il prossimo passaggio politico, la prossima occasione per liberarsi di un governo che punta solo alla propria sopravvivenza e non è in grado di fare gli interessi del Paese. L’Europa attende che nel nostro Paese si materializzi un partner credibile. I mercati attendono che l’Europa compia qualche passo più decisivo, che mostri la reale volontà di sostenere la costruzione della moneta unica. Ma anche il tempo è una risorsa scarsa.