Lega e centrodestra cantano vittoria: dopo un lungo braccio di ferro interno al governo rivendicano di aver ottenuto lo stralcio della riforma del catasto. Dal famigerato articolo 6 della delega scompare il riferimento ai valori di mercato degli immobili. È proprio così?

Andiamo a vedere il testo prima e dopo. Nella versione di novembre della delega, il comma 2 dell’art. 6 così recitava (il corsivo individua il punto dibattuto):

Il Governo è delegato altresì a prevedere, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le informazioni rilevate secondo i princìpi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali né, comunque, per finalità fiscali;

b) attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato;

c) prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato;

E ora abbiamo invece questo:

Il Governo è delegato altresì a prevedere, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non possano essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali e, conseguentemente, per la determinazione delle agevolazioni e dei benefici sociali;

b) indicare per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente e sulla base dei dati nella disponibilità dell’Agenzia delle Entrate, anche una rendita ulteriore, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata utilizzando i criteri previsti dal DPR del 23 marzo 1998, n. 138, ove necessario, tenendo conto:

i. all’articolazione del territorio comunale in ambiti territoriali omogenei di riferimento;

ii. alla rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali, distinguendole in ordinarie e speciali;

iii. all’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario;

In sostanza, non vi sarebbe più il valore patrimoniale (scompare la «parolaccia») ma resterebbe la rendita ulteriore. Quest’ultima andrebbe aggiornata utilizzando i criteri previsti dal DPR 138/1998. Andiamo dunque a vedere cosa dice il DPR (qui il link), che ha introdotto il «Regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri».

Si tratta di un corposo documento che fissa i criteri di revisione del catasto, attualmente un’azione facoltativa lasciata agli enti locali. Esso prevede l’identificazione all’interno del territorio comunale di microzone omogenee per tipologia e valore immobiliare, l’utilizzo di unità di consistenza legate alla superficie degli immobili, la modifica delle modalità di classificazione, e così via. All’articolo 5 leggiamo in particolare:

Al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali, si procede alla revisione delle tariffe d’estimo attualmente vigenti, facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge.

In pratica, ciò che finora era previsto come possibilità per i comuni diventerebbe impegno del governo, che procederebbe alla revisione del catasto secondo criteri già indicati in una norma preesistente e che fanno esplicito riferimento ai valori di mercato, che usciti dalla porta rientrano in questo modo dalla finestra.

Qualcuno potrebbe osservare che nella nuova versione non si parla di revisione dei valori patrimoniali e questo è una indubbia vittoria del centrodestra. Ma chi ha un’idea di come funzioni il catasto sa che rendite e valori patrimoniali sono nozioni perfettamente intercambiabili, visto che i valori patrimoniali si ottengono applicando un coefficiente alla rendita e, viceversa, la rendita si ottiene come percentuale del valore patrimoniale dell’immobile.

Dunque, nella sostanza, il valore patrimoniale della vecchia versione della delega e la rendita attualizzata calcolata con nuovi criteri sono la stessa cosa.

Non lo sono probabilmente dal punto di vista politico, il compromesso consente ai partiti coinvolti nella disputa di portare a casa la faccia: da una parte il centrodestra potrà dire di aver espunto il valore patrimoniale dell’immobile, dall’altra la revisione del catasto verrà comunque effettuata. Per il momento senza alcuna incidenza sui valori fiscali. Per il momento.

Salvini

Una nota finale, per ribadire la mia posizione, già espressa in varie sedi: sono favorevole alla revisione del catasto perché contribuirà a sanare molte situazioni di iniquità orizzontale. Mi riferisco ai molti casi in cui i valori relativi tra immobili non riflettono i veri valori, per cui abbiamo modeste abitazioni di periferia cui sono attribuiti valori più alti di prestigiosi appartamenti in centro.

Dall’altro canto, penso che l’imposizione sugli immobili in Italia abbia già raggiunto un livello significativo e quindi l’eventuale ricorso ai nuovi valori dovrebbe avvenire a parità di gettito, senza determinare un aggravio per il contribuente. Checché ne dica chi si sta opponendo a questa riforma, i due problemi, quello del carico relativo tra i contribuenti e quello del livello di tassazione, sono distinti e possono essere tenuti distinti.