Non succede certo da ora, ma è preoccupante che ormai sui grandi temi tenda ad affermarsi uno stesso «pattern», che ha più a che vedere con dinamiche di tipo dogmatico-religioso che con il modo in cui il dibattito dovrebbe avvenire in una società liberale e aperta al confronto.

Una volta che si sia affermata una certa tesi o, come si dice ora, una «narrazione», non ci si limita ad attaccare chi si pone apertamente in posizione critica verso di essa, ma si colpisce anche chiunque possa indirettamente suscitare il dubbio nell’interlocutore. Dunque nel mirino finisce anche chi porta elementi che non sono necessariamente in contrasto con la tesi, ma possono essere interpretati da qualcuno poco sofisticato come un argomento che può compromettere la fede nella narrazione.

Da questo meccanismo non sono immuni intellettuali esperti e uomini di scienza. Nel loro caso il meccanismo è ben descritto dall’economista Dani Rodrik a proposito della fiducia negli effetti positivi della globalizzazione:

Gli economisti temono che i dubbi da loro espressi in pubblico a proposito del libero commercio possano contribuire a rafforzare i “barbari” interessati non alle sottigliezze bensì a sostenere un approccio dirigista.

Ma qui il problema del «barbari alle porte» è andato ben oltre il modo in cui lo descrive Rodrik. Il controllo sulla fedeltà alla narrazione rileva e sanziona con efficacia gli elementi dissonanti avvalendosi dei moderni social. Non si chiede un’adesione alla tesi, ma l’impegno a non dire nulla che possa confondere la plebe, chi non avendo gli strumenti potrebbe fraintendere. È così che l’adesione alla narrazione diventa dogmatismo della peggior specie.

Capita quindi che, quando fai notare a chi si sta lamentando dell’ondata eccezionale di caldo che quanto a temperature il luglio italiano quest’anno non è più terribile di quello degli anni passati, diventi un «negazionista climatico». Questo anche se non avevi proprio nominato il cambiamento climatico (e con buona pace del fatto, detto e ripetuto, che un dato puntuale sul meteo ci dice poco o nulla sul clima globale).

temperature-Firenze

Allo stesso modo, se critichi alcune scelte della NATO sei per forza di cose «putiniano».

O ancora, se esprimevi dei dubbi sulle concrete modalità di attuazione della politica vaccinale perché certe soluzioni erano problematiche sul piano dei diritti, eri un «no vax», a prescindere dal numero di dosi che avevi scelto di farti inoculare.

E se qualche anno fa facevi notare che accanto a qualche vantaggio l’adozione dell’euro aveva anche una serie di controindicazioni per il nostro Paese, eri un temibile «no euro».

L’elenco potrebbe continuare. Al di là del contenuto, che via via può riguardare la medicina, la fisica, l’economia o le relazioni internazionali, i meccanismi del dibattito collettivo sono sorprendentemente simili. Le posizioni immediatamente si polarizzano e a chi intende partecipare alla discussione è richiesta una professione di fede: o di qua o di lò, senza tentennamenti.

Ma in questo modo, lo dico principalmente ai miei colleghi e amici accademici e intellettuali, si uccide ogni possibilità di confronto e, forse ancora peggio, si alimenta la legittima diffidenza del non addetto ai lavori nelle posizioni degli «esperti», perché la «plebe» magari non coglie le sottigliezze degli argomenti, ma è in grado di riconoscere benissimo il dogmatismo. Visto che dogmatismo e scienza dovrebbero essere agli antipodi, in questo modo si danneggia anche la reputazione della scienza, ottenendo l’effetto opposto di quello desiderato.

Pensiamoci.