La scorsa settimana, in occasione del sessantesimo del Trattato di Roma, sono stato coinvolto in un dibattito tra economisti, promosso dal Sole24Ore, sui costi e benefici dell’euro. Vi si confrontavano posizioni diverse su un argomento cruciale e di grande attualità. Non intendo qui però riassumere le diverse posizioni, ma soffermarmi brevemente su un piccolo incidente, che ha avuto per protagonista un collega del Politecnico che non conosco personalmente, il prof. Fabio Sdogati. In una prima versione del suo intervento il prof. Sdogati, commentando la situazione precedente l’adozione dell’euro, aveva scritto quanto segue:

Lo chiamiamo ‘il controfattuale’, vale a dire lo scenario che si sarebbe verificato se non avessimo fatto la scelta che abbiamo fatto. Chi può, provi a ricordare quegli anni, la prima metà degli anni novanta. Inflazione tra il 15% e il 20%, redimenti dei buoni del tesoro idem, deficit pubblico al 10,6% nel 1992, nessuno al mondo che desse a prestito al nostro governo a condizioni ‘normali’. Il Paese non aveva più reputazione sui mercati finanziari internazionali, e questa reputazione ce la andammo a cercare nel rapporto con i nostri partners europei.

Lo scenario descritto di alta inflazione e interessi, è secondo il prof. Sdogati il controfattuale da tenere presente per arrivare alla conclusione che senza l’euro saremmo andati incontro al disastro. Ma chiunque ricordi i primi anni Novanta, o vada a verificare i dati, si accorgerà che tale controfattuale è descritto in modo non corretto. Il rendimento dei titoli pubblici in quegli anni restarono sempre al di sotto del 15% e l’inflazione non raggiunse mai il 7%.

Si dà il caso che nel mio intervento mi fossi concentrato proprio su questo stesso punto, gli interessi sul debito, e riportando i dati corretti avevo sostenuto una tesi molto diversa da quella del collega. Cosa penserà, mi sono chiesto, il lettore meno esperto trovandosi di fronte a due economisti in così palese contraddizione non solo nell’interpretazione ma anche su dati di fatto? Che idea si farà della nostra professione? Non sono stato l’unico a notare l’errore. Lo hanno segnalato (con la consueta mancanza di riguardo) i social network, e lo hanno notato evidentemente i giornalisti del Sole e lo stesso prof. Sdogati. Qualche giorno dopo il testo risultava infatti corretto, in questo modo:

la prima metà degli anni novanta. Inflazione tra il 5% e il 6%, redimenti dei buoni del tesoro fra il 10 e il 15%.

Tutto rimediato dunque? Quasi. Colpiva infatti che la correzione fosse stata effettuata senza alcuna avvertenza o nota o scusa, come si usa e come ci si aspetterebbe da parte di una testata prestigiosa. Anche questa ingenuità è stata notata e segnalata, ed ecco quindi il testo (presumibilmente) definitivo corredato di disclaimer:

Inflazione tra il 5% e il 6%, redimenti dei buoni del tesoro fra il 10 e il 15% (un errore dell’autore è stato aggiornato e corretto in data 26 marzo, ndr)

Incidente finalmente chiuso? Così sarebbe stato, almeno per quanto mi riguarda, se non avessi letto il post che il prof Sdogati ha scritto sul suo blog a commento e spiegazione dell’accaduto. Tale commento credo che meriti una risposta.

Il prof. Sdogati distingue i propri lettori tra quelli che hanno supposto la sua malafede e quelli che lo hanno invece ritenuto in buona fede. Per questi ultimi, egli afferma, la tesi non esce indebolita dalla correzione dell’errore compiuto. Potrebbe anzi risultare rafforzata, a patto che il lettore sia disposto ad accettare un’ulteriore interpretazione di tale errore (ulteriore anche rispetto alla correzione effettuata al testo): lo scenario di inflazione e i tassi di interesse tra il 15 e il 20% non si riferirebbe ai primi anni Novanta, bensì ai primi anni Ottanta.

Maastricht fu firmata nel 1992, e dunque gli anni in cui montavano le preoccupazioni, insieme all’inflazione e ai tassi, erano quelli precedenti. Per ripetermi, la tesi ne esce rafforzata.

Riassumendo: il testo originale contiene un errore, ma come in certi romanzi interattivi per l’infanzia, è il lettore che può scegliere quale sia il finale, in questo caso decidere quale sia l’errore compiuto tra quelli possibili. Anche il lettore che assume la buona fede sarà a questo punto un poco confuso: ma quindi cosa intendeva dire esattamente il prof Sdogati? Ha sbagliato di dieci anni o ha sbagliato di oltre 10 punti di inflazione?

Il fatto è che, se l’errore fosse stato quello di sbagliare decennio, se cioè il controfattuale che il prof. Sdogati voleva proporci fosse quello dei primi anni Ottanta, non avrebbe alcun senso subito dopo parlare del deficit del 1992 e affermare che non c’era

nessuno al mondo che desse a prestito al nostro governo a condizioni “normali”. Il Paese non aveva più reputazione sui mercati finanziari internazionali

perché, semplicemente, questa non era la situazione dei primi anni Ottanta, quando il debito pubblico era ancora intorno al 60-70% del PIL (ciò è chiaro guardando al tasso reale o meglio ancora al tasso di interesse corretto per la crescita, che è il parametro rilevante per valutare la sostenibilità del debito). Peraltro, possiamo domandarci che controfattuale possa rappresentare, per valutare i benefici dell’adesione all’euro, la situazione di quindici anni prima, con condizioni dei mercati internazionali completamente diverse.

Preferiamo credere che la “vera” interpretazione dell’intenzione originale dell’autore fosse quella che poi si è tradotta nella correzione on-line. Che l’errore sia stato cioè quello di sovrastimare l’inflazione di dieci punti.

Aggiungo che, se inflazione e interessi fossero stati quelli della prima versione dell’articolo, cioè entrambi allineati nella fascia 15-20%, la situazione dei primi anni Novanta sarebbe stata addirittura meno preoccupante di come era in realtà, almeno per la sostenibilità del debito. Sappiamo infatti che per un debitore gli alti interessi sono un male, ma l’inflazione è un bene, e ciò che conta è la differenza tra le due quantità. Dunque, contrariamente a quanto il prof Sdogati afferma, la correzione al ribasso dell’inflazione potrebbe in qualche modo rafforzare la sua tesi (potrebbe se trascurassimo altri argomenti, che ho discusso altrove).

Da quest’ultima osservazione discende che l’errore è stato fatto evidentemente in buona fede, cioè senza dolo. Il fatto è che l’idea che l’inflazione prima dell’euro fosse molto alta è un errore ahimé molto diffuso. Fa parte infatti della vulgata pro-euro che ci viene continuamente riproposta anche da autorevoli esponenti dell’accademia. Una vulgata che, magari inconsapevolmente, il prof. Sdogati stava aiutando a perpetuare.

Lo ripeto: non penso né ho mai pensato che il prof. Sdogati fosse in malafede. Ma vorrei ricordare, e con questo chiudo, che tra il dolo (malafede) e l’errore incolpevole esiste, anche giuridicamente, il caso intermedio della negligenza. Credo che sia tale la leggerezza di un professore che, rivolgendosi al pubblico, omette di verificare i dati che riporta, magari per eccesso di fiducia nella propria buona memoria o perché “se lo dicono tutti sarà vero”. Come tecnici e intellettuali abbiamo una responsabilità pubblica, e certe giustificazioni a posteriori spesso sono pezze peggiori del buco.


Disclaimer [30/3 ore 12]: In una prima versione di questo pezzo avevo scritto a mia volta un’inesattezza, affermando che il tasso di interesse corretto per la crescita, ovvero la differenza tra tasso di interesse e crescita nominale, era negativo nei primi anni Ottanta. Ho verificato che, facendo riferimento al tasso di interesse medio annuo per le nuove emissioni, dal 1981 in poi tale valore risulta invece (seppure di poco in alcuni anni) positivo. Ho quindi modificato il testo.